LE BRACI di Sándor Márai

Autore: Sándor Márai

Traduttore: M. D’Alessandro

Curatore: Marinella D’Alessandro

Editore: Adelphi

Collana: Gli Adelphi

Edizione: 1

Anno edizione: 2008

Formato: Tascabile

In commercio dal: 2 aprile 2008

Pagine: 181 p., Brossura

EAN: 9788845922572

“Le braci” è, forse, il romanzo più famoso di Sándor Márai, spesso si trova una recensione o commento nei vari siti che parlano di libri e tutte sono annotazioni positivissime, tanto da suscitare da tempo la mia curiosità. Il mio percorso, nella scoperta di questo autore, chi mi segue lo conosce già: incuriosita proprio da “Le braci”, ho approfittato del prestito di alcuni sui libri da parte di un amico, da tempo suo estimatore. E così, in pochi mesi, mi sono tuffata nella lettura di Márai e ho letto “Il gabbiano” [http://labibliatra.altervista.org/il-gabbiano-di-sandor-marai/], il mio preferito “Terra terra!” [http://labibliatra.altervista.org/terra-terra-di-sandor-marai/] e “La donna giusta” [http://labibliatra.altervista.org/la-donna-giusta-di-sandor-marai-frasi/].

Presa dalla smania di leggere quello che viene considerato il capolavoro di quest’autore, ho, infine, acquistato “Le braci”, breve romanzo che è quasi un lungo monologo introspettivo, se si escludono piccoli interventi effettuati da altri personaggi della vicenda.

“In mattinata il generale si soffermò a lungo nella cantina del vigneto. Vi si era recato all’alba insieme al vignaiolo perché due botti del suo vino avevano cominciato a fermentare. Quando finì di imbottigliarlo e fece ritorno a casa, erano già le undici passate. Ai piedi delle colonne, sotto il portico lastricato di pietre umide ricoperte di muffa, lo attendeva il guardacaccia, che porse una lettera al padrone appena arrivato.”

Il romanzo si apre con l’attesa, fil rouge dell’opera. Henrik, un generale di nobili origini, aspetta che l’amico d’infanzia Konrad si rechi al suo castello per cena, non si vedono da quarantun anni in cui hanno completamente interrotto qualunque tipo di contatto.

E nell’attesa la memoria di Henrik vaga agli anni in cui i due erano legati da un profondo legame d’amicizia. Nella prima parte del romanzo, quindi, ci viene narrata una storia che racconta un’amicizia giovanile, un amore fraterno.

“Il senso dell’amore e dell’amicizia è tutto qui. La loro amicizia era seria e silenziosa come tutti i sentimenti destinati a durare una vita intera. E come tutti i grandi sentimenti anche questo conteneva una certa dose di pudore e di senso di colpa. Non ci si può appropriare impunemente di una persona, sottraendola a tutti gli altri.”

Due amici diversi, ma inseparabili dall’infanzia sino alla prima età adulta. Quell’amicizia che è rara e che quando hai la fortuna di avere ti completa…

“Nel corso del tempo tutto si conserva, però si scolorisce come quelle fotografie di un passato ormai lontano che venivano fissate su una lastra di metallo. La luce e il tempo sfumano i tratti più nitidi e spiccati, che a poco a poco scompaiono dalla lastra. Bisogna rigirare l’immagine perché la luce cada da una certa angolazione, per poter individuare, su quella superficie confusa, la persona i cui lineamenti erano riflessi un tempo dal suo specchio. Così sbiadiscono nel corso degli anni tutti i ricordi umani.”

Questo ricordo, come sempre accade nei romanzi di Márai, dà a lui la possibilità di un approfondimento filosofico su un argomento, in questo caso l’amicizia, ne sviscera ogni aspetto e dalle sue parole se ne deduce come poi proseguirà la vicenda. Sebbene, infatti, abbia un’alta opinione della vera amicizia, non lesina parole di commiserazione su quelli che spesso non sono legami stabili e sinceri.

“Le simpatie che ho visto nascere tra gli uomini sono sempre naufragate, alla fine, nelle paludi dell’egoismo e della vanità. Il cameratismo o l’affiatamento assumono talvolta le parvenze dell’amicizia. Gli interessi comuni producono talvolta situazioni che somigliano all’amicizia. E per sfuggire alla solitudine gli uomini indulgono volentieri a rapporti confidenziali di cui in seguito si pentono, ma che per qualche tempo permettono loro di illudersi che la confidenza sia già una forma di amicizia.”

Cosa ha portato due amici, quasi fratelli, a separarsi di punto in bianco e senza un saluto e a stare lontani per quarantun anni?

Nella seconda parte, durante e dopo la cena con il suo vecchio amico ritrovato, si scopre poco per volta, e solo per bocca dell’“oltraggiato”, la vera vicenda che ha creato la rottura. Anche in questa parte è solo il Generale ad interloquire e Konrad ad ascoltare e anche qui il racconto è spesso lacunoso, ci sono tanti “non detti” che il lettore però riesce a desumere dal resto del contesto.

“Un segreto come quello che esiste tra me e te possiede una forza singolare. Una forza che brucia il tessuto della vita come una radiazione maligna, ma al tempo stesso dà calore alla vita e la mantiene in tensione. Ti costringe a vivere… L’uomo vive finché ha qualcosa da fare su questa terra.”

[…]

 “Non credi anche tu che il significato della vita sia semplicemente la passione che un giorno invade il nostro cuore, la nostra anima e il nostro corpo e che, qualunque cosa accada, continua a bruciare in eterno, fino alla morte? E non credi che non saremo vissuti invano, poiché abbiamo provato questa passione? E a questo punto mi chiedo: la passione è veramente così profonda, così malvagia, così grandiosa, così inumana?”

 

Henrik ha aspettato quarantun anni quest’incontro, per sapere la verità, anni in cui ha avuto modo di scandagliare gli eventi nei minimi particolari e ragionare su ogni piccolo segno, gesto, parola e azione che, sul momento erano sembrati di poco conto, ma che col tempo hanno acquisito altri significati.

“I dettagli hanno grande importanza. In un certo senso fungono da adesivo, fissano la materia essenziale dei ricordi.”

Senza svelarvi il finale, mi par giusto però, sottolineare che

“Sappiamo sempre qual è la verità, quella verità diversa che viene occultata dai ruoli, dalle maschere, dalle circostanze della vita.”

I fatti stessi sono l’unica verità!

È questo che Sándor Márai vuole sottolineare con il suo finale che a me, persona estremamente curiosa di natura e fortemente maniaca del controllo non è sicuramente piaciuto. La verità è che sebbene le azioni e i fatti parlano da soli e non avremmo bisogno di parlare, chiedere e pretendere spiegazioni dagli altri, abbiamo bisogno sempre di conferme, cerchiamo la nostra verità, talvolta per poterci illudere ancora.

Un’ultima occasione per poter cambiare le cose, rimediare ai torti fatti e subiti…

La narrazione è suggestiva, fa rivivere in ogni attimo gli eventi descritti, creando atmosfere e descrivendo perfettamente i sentimenti di ognuno dei protagonisti.

Un romanzo caratterizzato da una prosa delicata, un linguaggio ricco ed elegante senza mai sembrare ampolloso e fine a se stesso, ricco, come sempre in Márai, di grandi spunti di riflessione e approfondimento personale. Un’ottima lettura, peccato per il finale…

 “Gli uomini contribuiscono al loro destino, a determinare certi eventi. Invocano il loro destino, lo stringono a sé e non se ne separano più. Agiscono così pur sapendo sin dall’inizio che il loro modo di agire porterà a risultati nefasti. L’uomo e il suo destino si realizzano reciprocamente modellandosi l’uno sull’altro. Non è vero che il destino s’introduce alla cieca nella nostra vita: esso entra dalla porta che noi stessi gli abbiamo spalancato, facendoci da parte per invitarlo ad entrare. Non c’è infatti essere umano abbastanza forte e intelligente da saper allontanare, con le parole o con i fatti, il destino infausto che deriva, secondo una ferrea legge, dalla sua indole e dal suo carattere.”

Citazioni tratte dal romanzo, pubblicate sui miei profili Facebook e Instagram 

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